Agroecologia un modello per le aree protette

Agroecologia contro la crisi climatica e la perdita di biodiversità

Se ne è discusso il 10 ottobre presso la Cantina  Cooperativa Cinque Terre al Groppo di Manarola, Riomaggiore (SP), in un convegno organizzato da Federparchi in collaborazione con il Parco nazionale delle Cinque Terre.

L’agroecologia è l’applicazione della scienza e dei principi ecologici ai sistemi agricoli. Promuove pratiche agricole fondate su principi ecologici come: l’equilibrio tra parassiti e nemici naturali, l’utilizzo di composti naturali e la conservazione e condivisione delle sementi, utilizzo delle risorse naturali e tutela della biodiversità.

In campo agricolo l’azione delle aree naturali protette ha permesso di aumentare le produzioni tipiche e biologiche, le certificazioni ambientali ed i riconoscimenti internazionali per aver salvato dall’estinzione specie a rischio e integrato l’ecoturismo con le attività agricole.  I parchi possono diventare i luoghi per migliorare la filiera produttiva in cui concretizzare contestualmente gli obiettivi della strategia Farm to Fork e quelli della Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030. I parchi possono essere la sintesi di questa ambiziosa sfida che guarda a un nuovo tipo di agricoltura che tutela la biodiversità e riduce le emissioni di CO2.

E’ fondamentale parlare di agricoltura alle Cinque Terre perchè la salvaguardia del territorio rappresenta il nodo centrale della sopravvivenza stessa di questo immenso patrimonio.
Non possiamo pensare al nostro territorio in visione futura senza ridisegnare una progettualità importante in ambito agricolo, un ambito sul quale siamo arrivati ad un punto di non ritorno: o attiviamo un programma di azioni concrete, passando finalmente dalle parole ai fatti, oppure rischiamo di distruggere il nostro valore fondamentale.
Le Cinque Terre oggi sono conosciute in tutto il mondo, sono attraversate da milioni di persone che spesso non comprendono nemmeno il valore di questo straordinario paesaggio, costruito dall’uomo in millenni di fatica e che rappresenta la nostra vera ricchezza.
Dobbiamo dimostrarci capaci di difendere e trasmettere la vera essenza delle Cinque Terre, che sta nel motivo per cui sono diventate patrimonio mondiale dell’umanità, per il grande lavoro fatto dall’uomo nel plasmare un paesaggio unico, in un costante conflitto con la natura selvaggia.
Oggi rischiamo di disperdere questo patrimonio, questa nostra identità così profonda a causa del progressivo abbandono della coltivazione, dei rischi connessi al cambiamento climatico, ai danni causati dai cinghiali.
Identità culturale e dissesto idrogeologico qui sono strettamente legati e le soluzioni messe in campo fino ad oggi non bastano più.
Come istituzioni siamo chiamati  a fare sintesi, trasformare le idee in progettualità, presentare una visione futuro con al centro l’agricoltura e che possa dare agli operatori agricoli, alle aziende, agli hobbisti e a tutti coloro che sono legati alla terra, finalmente  risposte concrete.
Ci sono già delle proposte sul tavolo del Parco, ma dobbiamo essere capaci di gettare il cuore oltre l’ostacolo, cercare sinergie, idee, progetti. Dobbiamo fare sistema, evitando soluzioni scollegate e fini a loro stesse, capaci solo a lavarci la coscienza.
Quando parliamo di agricoltura dobbiamo anche focalizzare il tema delle infrastrutture (trenini e accessibilità ai terreni), dei diritti di reimpianto e dell’acqua (impianti di irrigazione). Elementi indispensabili che devono entrare nella nostra progettualità in modo organico e integrato.
Dalle pianificazioni in corso di redazione (Piani urbanistici comunali e Piano Del Parco) devono discendere una pianificazione mirata e una progettualità volta a risolvere le problematiche individuate per dare un sostegno diretto a tutti coloro che coltivano la terra e una soluzione di sistema per evitare l’abbandono della coltivazione.
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